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Green Computing: quando l’informatica si prende cura dell’ambiente

“… C’è un mondo di differenza tra ciò che i computer possono fare e ciò che la società sceglierà di fare con loro.” – Seymour Papert, Mindstorms

Con la crescente consapevolezza che la massiccia emissione dei gas serra prodotti dall’uomo è la causa principale del riscaldamento globale del pianeta, imprese, governi e società hanno ora un nuovo importante ordine del giorno: affrontare i temi ambientali adottando buone pratiche e misure di prevenzione.

Rendere più sostenibili i nostri prodotti IT, applicazioni e servizi non ha soltanto un vantaggio ambientale e sociale ma ha anche un grande vantaggio economico. Per questo motivo, un numero sempre maggiore di fornitori e di utenti si stanno muovendo verso il Green Computing e verso la creazione di una società e un’economia più verde.

Perché l'informatica verde?

Gli scopi principali del Green Computing sono quelli di ridurre l’uso di materiali dannosi per l’ambiente nei componenti hardware, massimizzare l’efficienza energetica durante la vita del prodotto e promuovere il riciclo o la biodegradabilità dei prodotti in disuso o degli scarti di fabbricazione.

Si stima che su 250 miliardi di dollari all’anno spesi per alimentare computer in tutto il mondo, solo il 15% circa di tale energia viene speso per l’elaborazione, il resto viene sprecato inattivo (ossia consumato da computer che non sono in uso ma ancora accesi).

L’energia consumata è la ragione principale dell’emissione di CO2 e dunque l’energia risparmiata sull’hardware del computer e sull’informatica equivarrà a tonnellate di emissioni di carbonio risparmiate all’anno.

Ma che cos’è il Green Computing?

L’espressione Green Computing nasce nel 1992, quando ’Environmental Protection Agency – l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (EPA) – ha lanciato il programma Energy Star: un programma di etichettatura volontaria che fu progettato per promuovere e riconoscere l’efficienza energetica nei monitor, apparecchiature di controllo del clima e altre tecnologie.

Energy Star ha certificato negli anni più di 75 diverse categorie di prodotti, abitazioni, edifici commerciali e impianti industriali e ha portato all’adozione diffusa dello sleep mode nei dispositivi elettronici di consumo.

L’esigenza di un’informatica “verde”, o sostenibile, è poi cresciuta negli anni, di pari passo con l’aumento del numero di aziende e con l’uso massivo delle tecnologie.

Attualmente,  l’industria IT si sta impegnando attivamente in tutti i suoi settori per raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Agenda 2030, concentrandosi soprattutto sul riciclaggio delle apparecchiature, riduzione dell’utilizzo della carta, virtualizzazione, cloud computing, gestione dell’alimentazione e produzione più ecologica.

I 4 fattori del Green Computing

Il concetto di Green IT  e sostenibilità informatica è naturalmente molto più ampio e non riguarda soltanto chi progetta e produce i prodotti IT ma anche tutti coloro che utilizzano questi strumenti.

Sono 4 i fattori che determinano l’attuazione del cosiddetto Green Computing e che possono essere messi in atto sia dai produttori che dai consumatori:

Design ecologico: progettazione di computer, server, stampanti, proiettori e altri dispositivi digitali efficienti dal punto di vista energetico.

Produzione ecologica: ridurre al minimo gli sprechi durante la produzione di computer e altri sottosistemi per ridurre l’impatto ambientale di queste attività.

Utilizzo ecologico: ridurre al minimo il consumo di elettricità dei computer e dei loro dispositivi periferici e utilizzarli in modo ecologico.

Smaltimento ecologico: riutilizzo delle apparecchiature esistenti o smaltimento appropriato o riciclaggio di apparecchiature elettroniche indesiderate.

Per tutta questa serie di fattori molte grandi aziende hanno cercato delle soluzioni alternative, affidandosi a server a basso consumo, con ventilazione naturale, e a fonti di energia rinnovabile, come l’energia eolica o fotovoltaica.

A questo proposito, Microsoft ha previsto per il prossimo decennio di alimentare i suoi data server al 60% con energia proveniente da fonti rinnovabili, mentre Aruba ha creato a Ponte San Pietro (BG), il data center più grande d’Italia e interamente green (e ne sta costruendo altri 2) attraverso utilizzo di energia autoprodotta da una centrale idroelettrica interna al campus.

La decisione di spostarsi verso soluzioni più sostenibili e meno impattanti – da una parte resa comunque necessaria per adeguarsi alle politiche nazionali ed europee – sta interessando sempre più organizzazioni, spinte anche da desiderio di distinguersi dai competitors.

L’imperativo per le aziende di assumere il controllo del loro consumo di energia rimane dunque pressante.