Si tende a pensare, in parte giustamente, alla digitalizzazione e all’innovazione come ad aspetti che contribuiscono a diminuire il consumo di rifiuti e quindi di energie e non come attività “inquinanti”: non è propriamente sempre così.
L’ e-commerce, lo smart working, le video call e i corsi online hanno ridotto drasticamente, soprattutto durante la pandemia, gli spostamenti e quindi l’utilizzo di mezzi di trasporto inquinanti diminuendo il consumo di petrolio e gas serra. Inoltre l’accesso alle tecnologie di informazione e comunicazione rientra proprio fra i goals da raggiungere.
Sono aumentati, però, i cosiddetti “consumi invisibili”, quelli creati dai dispositivi e servizi digitali, responsabili di emissioni di gas serra.
I datacenter, il loro consumo energetico e il mantenimento dei dati prevedono, infatti, un dispendio massiccio di energia.
Tablet, smartphone, pc e router, che sono diventati di uso quotidiano, con la loro produzione in grandi quantità e poi con il loro smaltimento, provocano una grande mole di emissione diretta di carbonio.
Secondo alcuni dati recenti emersi dal report Lean Ict – Towards Digital Sobriety le emissioni globali di Co2 da parte delle aziende IT sono arrivate al 3,7%nel 2020 e raggiungeranno l’8.5% nel 2025, l’equivalente di tutte le emissioni di tutti i veicoli leggeri in circolazione.
Il mondo IT è quindi chiamato a rimodulare la sua organizzazione in ottica più ecosostenibile e cercare di invertire la rotta contribuendo, in maniera significativa, alla decarbonizzazione digitale.
Quali aspetti convertire e su cosa puntare per rendere quindi il settore più sostenibile?