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Che ruolo sta giocando la tecnologia nel conflitto Ucraina-Russia?

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è la più grande operazione militare in uno stato Europeo dai tempi della Seconda Guerra Mondiale e la tecnologia digitale sta giocando un ruolo importante, se non decisivo, in questo scontro. 

Gli attacchi informatici aumentano con l’escalation del conflitto e il governo di Kiev ha creato un vero e proprio esercito digitale per combattere contro la Russia sul fronte cyber.

Le decisioni delle Big Tech e delle piattaforme di social media stanno avendo un impatto diretto sulla situazione militare che si sta svolgendo sul campo. 

Le tecnologie emergenti, come le criptovalute, trovano nuove applicazioni.

Il conflitto Russia-Ucraina fa emergere una nuova realtà, sino ad oggi poco conosciuta e sicuramente poco focalizzata: parallelamente alla guerra fisica, stiamo assistendo ad una forma di guerra mediatica e informatica, in cui il fronte cyber sta prendendo piede in modo alquanto rilevante. 

Attacchi informatici durante il conflitto

La guerra in Ucraina è iniziata su diversi livelli: sul terreno e allo stesso modo nel cyberspazio. Il 23 febbraio, il giorno prima dell’invasione russa dell’Ucraina, le armi informatiche sono diventate il preludio di una guerra totale. I sistemi informatici in diversi ministeri, organizzazioni governative e banche ucraine sono stati oggetto di attacchi DDoS (Distributed Denial of Service). I ricercatori hanno riferito di attacchi wiper che cancellano l’intero disco rigido, rendendo solitamente inutilizzabile l’intero sistema.

L’attuale clima politico presenta un’elevata possibilità che gli attacchi informatici sfuggano al controllo e si intensifichino oltre il conflitto in Ucraina. Alcuni paesi hanno già espresso le loro preoccupazioni sui possibili attacchi informatici contro le loro infrastrutture critiche nazionali. E ci sono diversi possibili scenari per le escalation che si verificheranno nel prossimo futuro.

La Russia, in linea con la sua decisione aggressiva di mettere in allerta le sue forze nucleari, potrebbe rispondere con attacchi informatici devastanti. D’altra parte, la NATO ha già confermato che un attacco informatico contro uno qualsiasi dei suoi membri attiverebbe l’articolo 5 della Carta della NATO, consentendo alla NATO di contrattaccare con tutti i mezzi disponibili. In passato, gli USA e i suoi alleati hanno fatto ricorso principalmente all’attribuzione pubblica di attacchi alla Russia e, infine, ad alcune sanzioni contro le persone coinvolte. Con il loro portafoglio di sanzioni ormai quasi completamente implementato, non c’è molto altro che potrebbero fare per rispondere economicamente a tali attacchi, quindi contrastare gli attacchi informatici è un’opzione possibile.

Tuttavia, entrambe le parti in conflitto sono firmatarie dei più importanti accordi internazionali sul cyberspazio, che richiedono il rispetto di norme specifiche nel cyberspazio.

Gli attacchi informatici e le strategie di disinformazione giocano un ruolo fondamentale nel conflitto. Oltre agli stati e ai loro proxy informatici affiliati, anche vari gruppi informatici e bande informatiche si stanno schierando, aumentando il rischio di escalation.

Cosa (non) è consentito in un cyber conflitto?

Ci sono diversi importanti accordi informatici nelle Nazioni Unite che Russia e Ucraina hanno approvato, che creano un quadro internazionale (volontario) di comportamento responsabile dello Stato nel cyberspazio. 

Questo quadro:

  • conferma che il diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite, si applica al cyberspazio;
  • conferma che il diritto internazionale umanitario si applica ma solo in situazioni di conflitto armato;
  • delinea una serie di norme informatiche volontarie a cui gli stati dovrebbero aderire.

Mentre sul fronte istituzionale ed economico la Russia si ritrova sempre più isolata e limitata, sul fronte non istituzionale Anonymus continua ad attaccare in modo serrato le infrastrutture e la rete russa. A marzo è partito anche un appello da Mykhailo Fedorov, ministro ucraino alla Transizione digitale del Paese, che ha chiesto agli Hacker di tutti i Paesi di iscriversi alla chiamata alle armi sul cyber spazio (IT Army) partita da Twitter e poi diffusa tramite Telegram: il Ministro ha chiesto a tutti i ”talenti digitali” di partecipare attivamente, specificando che ad ognuno saranno assegnati dei compiti.

E’ in atto dunque una vera e propria organizzazione degli attacchi che potrebbe non limitarsi a “disturbare” i social media russi atti alla propaganda ma anche spostarsi su terreni più strategici quali sistema informatico ferroviario o navigazione. 

Lo scenario del web nella guerra Russia-Ucraina

Il 28 febbraio, il vice primo ministro ucraino Mikhailo Fedorov aveva scritto a Göran Marby, presidente e CEO di Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN), chiedendo la revoca dei domini di primo livello come sanzioni alla Russia. Le misure avrebbero effettivamente tagliato fuori la Russia da Internet globale, in qualche modo analogo all’isolamento della Russia dal sistema globale di messaggistica delle transazioni finanziarie SWIFT. Marby ha rifiutato la richiesta sostenendo che ICANN è un organismo tecnico che amministra nomi e numeri di Internet e non si sente incaricato di intraprendere azioni su base geopolitica. A parte questo, vi sono buone ragioni per dubitare che le misure proposte sarebbero state efficaci, e, ancora una volta, avrebbero colpito in modo sproporzionato la popolazione civile russa.

Dal canto suo è stata proprio la Russia ad avanzare delle azioni per distaccare il proprio spazio cibernetico dall’Internet globale. Facebook è stato costretto a interrompere le operazioni in Russia il 4 marzo, dopo essere già stato precedentemente rallentato. Lo stesso giorno anche la piattaforma di Twitter ha subito una serie di rallentamenti e limitazioni che, seppur non ufficialmente bloccandola, l’hanno portata ad un punto di sostanziale inoperabilità.

Questi passi potrebbero dimostrare i progressi della Russia nella creazione di un Internet separato da quello del resto del mondo ed in cui possa più facilmente controllare informazioni e dissenso. Il gold standard dei digital walled garden è la Cina, che è riuscita a separarsi dal resto del mondo attraverso il suo Golden Shield Project. Per costruire la sua muraglia digitale, tuttavia, secondo alcuni esperti, la Cina ha impiegato un grandissimo numero di tecnici, nonché un investimento di circa 20 miliardi di dollari annui per mantenere in piedi l’infrastruttura. Copiare l’approccio cinese in Russia è qualcosa che si ritiene possa essere al di là della portata del presidente russo Vladimir Putin.

Qualche anno fa tutto ciò ci sarebbe sembrato uno scenario irreale, oggi non possiamo che osservare come e quanto la parte cyber potrà spostare gli esiti di questo conflitto.

Sarà interessante vedere come si muoveranno questi ecosistemi con il continuare della guerra, sotto le varie pressioni degli Stati.

Nel frattempo, sarà utile considerare e analizzare le piattaforme digitali sia come arene informative che come attori geopolitici.