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2021: Italia ancora in ritardo in termini di capitale umano. Come valorizzarlo con la work life integration

Da quanto si legge dal rapporto Desi 2021 l’Italia è significativamente in ritardo nella valorizzazione del capitale umano rispetto agli altri paesi europei.

Cosa non ha funzionato e cosa va rivisto per non rischiare una svalutazione dell’elemento umano piuttosto che un potenziamento delle sue capacità?

Il paradosso dello smart... working (che non ha migliorato il work life balance)

A marzo 2020 in Italia si è passati da un modello di lavoro prettamente in presenza a uno smart working al 100%, senza passaggi graduali e in piena condizione di urgenza.

Nato come agevolazione per la risorsa, con lo scopo di migliorare il tanto ambito work life balance abbattendo il tempo (e lo stress) dallo spostamento casa – lavoro, in realtà, nel corso della pandemia, lo smart working è diventato telelavoro, alternativa necessaria per non far stare a stretto contatto le persone. Tutto tranne che un modello smart.

Non fraintendiamoci: lavorare da casa ha avuto e ha tuttora un risvolto positivo…

La risorsa risparmia- abbattendo i costi di trasporto- e mantiene la propria comfort zone, responsabilizzandosi con una gestione più autonoma di tempo e modus lavorandi.

Il non poter più frequentare l’ufficio si è tradotto, però, in un venir meno delle occasioni di socialità e condivisione di idee e progetti, elementi fondamentali per un ambiente di lavoro smart e, soprattutto, produttivo.

La trappola della digitalizzazione

La digitalizzazione – che doveva aiutare nella semplificazione delle mansioni lavorative e aumentare qualitativamente la produttività – diciamo la verità, è diventata sinonimo di “iper connessione”.

Molte risorse si sono ritrovate a dover svolgere i propri compiti sui dispositivi personali, con una fusione di utilizzo privato e lavorativo del proprio pc o cellulare. Il risultato? Esser maggiormente connessi e reperibili.

Questa iperconnessione, se non calibrata adeguatamente, in alcuni casi ha provocato, addirittura, maggior stress.

Tutto l’opposto di quello che dovrebbe essere l’obiettivo del digital: semplificare e alleggerire la routine.

Il tempo della work life integration

Se nel 2018, grazie alla digital trasformation, il work life balance era la formula più ambita dai professionisti e nel biennio 20-21 ci siamo ritrovati in balia di un mero telelavoro digitalizzato, il 2022 sembra essere l’anno giusto per parlare di work life integration. 

Il cambiamento e il mercato hanno dimostrato la difficoltà da parte del work life balance di prendere piede. Una modalità di lavoro che permette invece un’integrazione dei due ambiti è molto più verosimile e raggiungibile. Il futuro è infatti sempre più “liquido” e sempre più distante da una visione polarizzata.

I tempi della work life integration non solo sono maturi, ma inevitabili.

È necessario applicare una visione aziendale a 360 gradi che ponga al centro la relazione umana, rispettandone esigenze e consapevolezze.

Non basta avere lo smart working per essere più valorizzati così come non è detto che il tornare in ufficio venga interpretato come un passo indietro rispetto al concetto di flessibilità.

Sappiamo che la pandemia ha portato anche a una spersonalizzazione della mansione. La risorsa lavora da casa, diventa facilmente “intercambiabile” e i compiti che svolge possono essere eseguiti da dispositivi sempre più innovativi: la conseguenza negativa di tutto questo è che si è perso il lato umano e il suo valore.

Il rischio? Quello di diventare tutti tasselli uguali di un grande ingranaggio, perdendo le proprie peculiarità personali.

Ancora di più diventa essenziale parlare di work life integration: un modello che permette di non disperdere il valore del singolo, ma potenziarlo. Ogni persona ha la sua professionalità, ma anche la sua sfera privata: abitudini, routine e skill vanno ormai a mescolarsi e sovrapporsi inevitabilmente con i nuovi ritmi di lavoro.

Il modello NS12: potenziare la vera work life integration

NS12 crede da sempre nel capitale umano come vero valore aggiunto per l’azienda.

Ben consapevole di quelli che potevano essere i vantaggi, ma anche le distorsioni di un modello di lavoro basato totalmente sullo smartworking, NS12 ha deciso di optare per un sistema “misto”.

Le risorse lavorano da casa, con giorni di presenza in sede, basandosi sull’affluenza in ufficio, evitando di sovraffollare le stanze e continuando a vivere momenti di condivisione e socialità, in alternanza con i colleghi. L’incontro in ufficio viene valorizzato e inteso come occasione di crescita e confronto sullo svolgimento dei compiti e definizione degli obiettivi. Il valore del gruppo dove ogni singola risorsa mantiene la sua unicità e il suo know how.

In questo contesto di valorizzazione del personale si inserisce anche la promozione di piattaforme social aziendali che non solo aiutano le risorse a essere maggiormente integrate, ma che vanno a potenziare le loro soft skill. Piattaforme che fungono da digital workplace che fanno vivere l’ufficio a 360 gradi in maniera diversa: più dinamica, accessibile, interattiva, divertente e con l’obiettivo di tenere “connesse” le risorse in un’ottica di work life integration.

In questo modo sì che la tecnologia torna a essere “amica” e coinvolgere le risorse in chiave davvero smart.

La formazione aiuta inoltre le risorse a sentirsi adeguatamente valorizzate: potenzia le conoscenze e i risultati positivi che si possono ottenere. Per questo NS12 ha consolidato gli iter formativi per una rimodulazione dell’orario lavorativo che miri alla maggior flessibilità e alla qualità piuttosto che alla mera quantità. Una realtà attenta ai risultati e non al tempo impiegato per raggiungerli.

NS12 guarda al futuro riflettendo su quali possono essere gli strumenti aggiuntivi in grado di riportare al centro il capitale umano, avendo già tracciato la strada della work life integration, che si sta rivelando efficiente.

Come e perché guardare alla work life integration

Questa transizione, dettata e velocizzata dalla pandemia, ha posto e porrà molte altre aziende di fronte alla stessa riflessione: come gestire i nuovi schemi di lavoro, mettendo al centro le persone?

Per garantire la competitività è bene puntare su un processo partecipato di definizione delle priorità d’intervento: la risorsa e le sue attitudini hanno un ruolo chiave e vanno ascoltate, cercando di soddisfare quelle che sono le esigenze individuali, in un’ottica di produttività efficiente complessiva.

La tecnologia deve tornare alla sua funzione primaria: quella di aiutare le persone facilitando il lavoro e non farle sentire in trappola.

Per far sì che i nuovi schemi di lavoro e la work life integration vadano di pari passo è necessario stabilire un confronto e puntare, più che sulle ore da trascorrere in ufficio, sugli obiettivi e i compiti da raggiungere, differenziandoli in base alle risorse presenti.

Allo stesso modo è opportuno, grazie al supporto dell’Ufficio HR, rivedere i piani welfare, in modo da aumentare la soddisfazione e la fidelizzazione della risorsa. La strada giusta è quella che crea un ambiente di sostegno alle attività del singolo e che non fa vivere l’ufficio come un luogo distaccato dalla sfera personale, ma un luogo – appunto –integrato.

Il covid ha aperto un varco: dal modello di lavoro “tradizionale” fatto di orari prestabiliti in ufficio a un sistema più flessibile, agile e interconnesso. Le risorse, ormai più consapevoli, vogliono tenere aperto questo varco.

All’azienda conviene davvero procedere verso questa direzione?

Un’azienda che valorizza le proprie risorse e conosce le sue potenzialità non solo sa leggere e interpretare il cambiamento in corso, ma ha anche una visione futura su dove e cosa vuole ottenere.

Potenziare il capitale umano, passando per la soddisfazione della persona, porta maggiore consapevolezza che si traduce in un aumento della competitività e del guadagno a lungo termine.

Le imprese sanno che i ritmi e le sfide da vincere nel mercato non possono più essere gestite ricorrendo a uno orario giornaliero e modello di lavoro standardizzato, ma adeguandosi al flusso del cambiamento. Restare ancorati a sistemi datati non è una scelta che può rilevarsi vincente.

L’azienda del futuro, nel suo processo di digitalizzazione e innovazione, non può non ripartire quindi da qui: dall’uomo e dal suo capitale umano.